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RECITAL

MEDIEVALE
CHERNOBYL

Questa vuole essere una tragedia, come quelle antiche, quelle greche. I due protagonisti, maschere, reclamano il diritto di essere considerati eroi di questa tragedia. Altrimenti, dicono, la loro storia non diventerebbe che un episodio come tanti, in un incidente scientifico; e come le altre vittime saranno dimenticati, come lo sono stati tutti quelli di Chernobyl.
Questi però non sono morti, sono sopravvissuti, anzi fatti sopravvivere in nome della scienza, studiati, e poi abbandonati. Come tanti altri esperimenti del dopo regime sovietico. Si autodefiniscono: mostri, perché sono nati deformi, a conseguenza delle radiazioni, dopo l’esplosione della centrale atomica.
Lei, la femmina, ha due cervelli, incorpora cioè la gemella dentro di se in un’altra testa che ha dietro la schiena. Lui, il maschio, ha un corpo rigido con una testa enorme che contiene un cervello efficientissimo. Hanno diciannove anni, e sono stati costretti a seguire discipline mentali di memorizzazione, di conoscenza, di studio. Ecco perché citano continuamente autori teatrali, poeti e scienziati. Vogliono usare il teatro, luogo principe della rappresentazione tragica, perché lo considerano uno strumento capace di agire con amore sulla coscienza degli spettatori, produrre catarsi. Gli antagonisti sono due scienziati, disoccupati dopo il crollo dell’impero sovietico. Lui, vetero marxista, lei convertita al cristianesimo. Li accompagnano, come la carretta dei comici pirandelliani, per mostrare la loro tragedia nei teatri e trovare una ricollocazione professionale.
Un’orchestra scritturata sul posto propone vecchie canzoni o musiche di appoggio, come la favola dell’Apprendista stregone, tratta dalla favola di Goethe e metafora, secondo i due giovani, di questo tempo. Rappresentano il popolo, il coro antico, che commenta e assiste ai dialoghi tra antagonisti.
Questo in effetti è il prologo di una tragedia, che i personaggi vorrebbero rappresentare. Non succede niente, viene discussa la tematica centrale, alla ricerca di una soluzione che non può esserci in un mondo scientifico, che non concepisce gli Dei come entità reali. E come nelle antiche tragedie, i due eroi vittime vengono sconfitti dalle forze che li sovrastano: il mondo moderno in cammino verso la sua distruzione.
L’intento è quello di poter fare una riflessione più profonda, sull’incidente di Chernobyl, dopo venti anni. La protagonista dice: “In una tragedia non c’è speranza, c’è conoscenza.” Ecco, questo è l’obbiettivo: una conoscenza come la sa dare il teatro tragico, con una catarsi che produce metànoia, cioè cambiamento di mente.
Gli elementi dell’antico teatro ci sono tutti: le due maschere, gli antagonisti, i macchinisti, l’orchestra coro. C’è l’unità di tempo e di luogo e come nella tragedia antica i personaggi discutono argomenti che introducono lo spettatore nei misteri che muovono gli uomini.


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